top of page
Immagine del redattoreGloria Rettore

Il mondo delle proteine alternative e la Generazione Z: quali sono le opportunità per le aziende?

Salute, ambiente e alimentazione oggi sono tematiche sempre più calde per i consumatori, soprattutto per quelli più giovani. La carne, soprattutto quella rossa, viene percepita come un alimento altamente inquinante e poco salutare e di conseguenza nel mercato stanno prendendo piede sempre più alternative vegetali, all’estero così come in Italia. Hamburger, polpette, ma anche filetti, in grado di sostituire carne e pesce utilizzando come base proteica i legumi sono alternative sempre più presenti nei nostri supermercati e ristoranti. Ma si tratta solo di un trend o di una categoria destinata a restare sugli scaffali dei negozi e a crescere sempre di più? E quali sono le percezioni dei più giovani riguardo questo tipo di prodotti?

Questo è il tema della ricerca sviluppata da Gloria Rettore, con l’obiettivo di definire una strategia efficace, in grado di attirare la Generazione Z, per il lancio di prodotti a base di proteine alternative da parte di un’azienda attualmente presente nel mercato con un’offerta di proteine animali.

I dati su questo tipo di prodotti sono promettenti: si stima che le vendite delle proteine alternative nei prossimi anni saranno in continua crescita, i nuovi prodotti lanciati sul mercato saranno in grado di avvicinarsi in maniera sempre più efficace alla loro versione animale per gusto, consistenza e aspetto, e allo stesso tempo si prevede che gli organi regolatori incentiveranno economicamente la coltivazione delle basi proteiche usate per questo tipo di alimenti.

Ma quali sono le percezioni dei ragazzi più giovani riguardo le proteine alternative? Sarebbero veramente disposti a considerarli veri e propri sostituti di carne e pesce? E se sì, quale strategia dovrebbe sviluppare un’azienda già presente nel marco delle proteine animali nello sviluppare questo nuovo tipo di offerta?


Per rispondere a queste domande inizialmente è stata svolta una prima parte di ricerca qualitativa. Con una fase di netnografia, sono state analizzate le interazioni degli utenti su alcuni social network, Instagram, Facebook e TikTok, inerenti questo tipo di prodotti. Poi state effettuate 6 interviste qualitative su un campione di età compresa tra i 18 e i 26 anni, riguardo le loro abitudini alimentari e poi più nel dettaglio le proteine alternative. I messaggi chiave che sono emersi che accomunano il campione riguardano il poco tempo che hanno i consumatori della Gen Z per cucinare, ma allo stesso tempo il loro desiderio di mangiare alimenti sani e ingredienti vari. Le proteine alternative sono considerate prodotti che ispirano curiosità, soprattutto perché gli intervistati voglio vedere se i prodotti sono realmente simili alla versione animale del prodotto. Sono più invogliati ad acquistare e assaggiare i burger e le polpette, ma sono preferiti quelli freschi rispetto ai surgelati, che mostrano una grafica accattivante nella confezione. Il prezzo delle proteine alternative è considerato alto, ma in caso di sconti e promozioni il campione si ritiene più predisposto ad acquistare questi prodotti. Una nota di preoccupazione deriva invece dagli ingredienti di questi alimenti, ritenuti chimici e artificiali. Infine, dal punto di vista della sostenibilità del prodotto, il campione ha confessato di associare all’inquinamento non tanto il prodotto in sé, quanto piuttosto la confezione in cui è avvolto, soprattutto se presenta diversi strati in plastica che sono ritenuti uno spreco.


Gli spunti emersi da questa prima parte di analisi sono stati poi utilizzati per svolgere una ricerca quantitativa, tramite l’utilizzo di un questionario web-based. Il sondaggio, composto da 20 domande a risposta chiusa, toccava diversi temi: l'alimentazione del campione, i loro consumi e le loro percezioni sulle proteine alternative, i driver di scelta di questo tipo di alimenti e le rispettive importanze, i brand da loro conosciuti e acquistati ed infine le loro variabili socio-demografiche.

Il questionario ha raccolto le risposte di 210 individui, di età compresa tra gli 11 e i 27 anni, provenienti principalmente dal Nord Italia, e per circa il 75% di genere femminile.

Entrando nel dettaglio dei risultati ottenuti, la Gen Z italiana ha dichiarato di seguire prevalentemente una dieta onnivora, e di avere un’alimentazione varia (58% del campione), equilibrata (42% del campione), semplice (31% del campione), sana (28% del campione) e disordinata (26 % del campione). Pochi intervistati hanno invece dichiarato di seguire un’alimentazione innovativa, eccentrica e costosa.

Per quanto riguarda i piatti consumati, è emerso che la tipologia di pietanza preparata con maggior frequenza sono i piatti semplici e composti da un basso numero di ingredienti, opzione selezionata dall’86,2% degli intervistati. Con un numero di selezioni nettamente minore, ci sono tutte le altre tipologie di piatti, ossia quelli complessi composti da un alto numero di ingredienti, quelli pronti che vanno solo scaldati, quelli pronti che possono essere subito consumati ed infine quelli surgelati, che sono stati i meno selezionati dal campione. Dal punto di vista del consumo di proteine invece, le proteine alternative risultano essere la tipologia che il maggior numero di rispondenti ha dichiarato di non aver mai assaggiato (35% del campione). Per quanto riguarda invece le proteine animali, emerge che la carne rossa è quella consumata con minor frequenza, seguito da pesce e carne bianca. La carne bianca, in particolare il pollo, risulta invece essere uno degli alimenti maggiormente consumati dalla Generazione Z, perché si presta a diversi tipi di preparazioni ed è ritenuto più sano rispetto alla carne rossa e allo stesso tempo meno costoso del pesce.




Nella sezione seguente del questionario, si sono poi esaminate nel dettaglio le abitudini relative al consumo di proteine alternative e le percezioni ad esse collegate. È emerso che questo tipo di alimenti sono associati principalmente alla sostenibilità e al fatto che sono salutari. I prodotti preferiti invece sono risultati essere i burger e le polpette, in linea con i dati relativi alle vendite attuali. Dal punto di vista delle marche invece, quelle più conosciute sono Valsoia e Findus Green Cusine, ossia quelle che hanno mantenuto anche in questo tipo di offerta il loro brand originario con cui erano già presenti nel mercato. Considerando però il rapporto tra numero di rispondenti che hanno dichiarato di conoscere una determinata marca e il numero di individui che hanno dichiarato di acquistarla, Valsoia risulta essere uno dei brand con il minor tasso di conversione dei consumatori. Questo, in accordo con le interviste, potrebbe derivare dal fatto che la Gen Z associa la marca ai prodotti per ridurre il colesterolo, lontani quindi dalle loro necessità.




La sezione successiva del questionario, era invece rivolta ai soli individui che hanno dichiarato di consumare proteine alternative, ossia 138 ragazzi, che attraverso una factor e una cluster analysis sono stati suddivisi in gruppi tra loro omogenei. In particolare, è stato chiesto agli intervistati di valutare, su una scala da 1 a 9, 14 differenti driver di scelta, che attraverso la factor analysis, sono stati successivamente raggruppati i 5 macro-fattori, in modo da ridurre la complessità dell’analisi. Sono quindi emersi i seguenti driver di scelta: categoria d'acquisto (composto da prodotto surgelato, lo trovo al ristorante, è simile alla versione animale), semplicità della scelta (composto da facile e veloce da preparare, prezzo, sfiziosità), comunicazione sulla confezione (composto da prodotto visibile, grafica accattivante, marca conosciuta), sostenibilità (confezione sostenibile, è vegano) ed infine composizione (valori nutrizionali, lista ingredienti breve e chiara). Sulla base di questi criteri di scelta, sono poi stati individuati 5 diversi gruppi di rispondenti attraverso una cluster analysis. Il primo gruppo, definito quello dei curiosi, è composto da individui attratti principalmente dalla comunicazione sulla confezione, il secondo, quello degli impegnati, si concentra principalmente sulla semplicità della scelta, quello dei salutisti sulla composizione del prodotto, quello degli attenti a tutto alla semplicità della scelta, la sostenibilità e la composizione, infine quello dei dritti sulla categoria, sulla similarità con la versione animale del prodotto.




Infine, nell’ultima parte della ricerca, tutti gli intervistati, sia i consumatori che in non consumatori di proteine alternative, sono stati sottoposti a una conjoint analysis. Con l’obiettivo di individuare quali fossero gli attributi considerati maggiormente rilevanti dal campione, è stato richiesto di valutare su una scala da 1 a 9 la probabilità di acquisto di 9 profili di offerta differenti. Le schede presentavano prodotti diversi per: tipologia di proteina (proteina animale, proteina vegetale), prezzo (2€, 4€, 6€), marca (marca conosciuta, marca nuova, combinazione di una marca conosciuta e di una nuova) e tipologia di involucro (carta, plastica riciclata).

Dall’analisi è emerso che l’attributo più importante per la Generazione Z italiana è la marca, in particolare, in un nuovo prodotto, preferiscono acquistare un articolo che abbia una combinazione di una marca conosciuta e di una nuova. Considerano poi la tipologia di proteina, danno maggior valore a quelle vegetali e per quanto riguarda il costo del prodotto, prediligono un prezzo intermedio, giusto compromesso tra convenienza e idea di qualità. Infine, l’attributo ritenuto di minore importanza è l’involucro, che, anche se per poco, è preferito quando fatto in plastica riciclata.



Tornando quindi alle domande alla base di questa ricerca: dovrebbe un’azienda produttrice di proteine animali entrare nel settore delle proteine vegetali? Sembrerebbe proprio di sì, i dati sul futuro di questa categoria sono incoraggianti e i consumatori sono sempre più aperti a provare questo tipo di alimenti. Allora come dovrebbe essere la nuova offerta per attirare la Generazione Z? Dal punto di vista del brand, l’azienda dovrebbe puntare su una combinazione del suo brand iniziale, in modo da far leva sulla fiducia che vi ripongono i consumatori, combinandolo con uno creato ad hoc in grado di caratterizzare i nuovi prodotti. Le prime tipologie di proteine alternative lanciate dovrebbero essere burger e polpette, freschi e non surgelati, avvolti in una confezione in plastica riciclata che lasci intravedere il prodotto e che lo raffiguri all’interno di un piatto sfizioso. Il canale di vendita dovrebbe essere la GDO, in modo che si possano sfruttare la confezione e la marca, cosa che nella ristorazione mancherebbe.

Per concludere, questo sembra essere il momento giusto per entrare in un mercato tanto nuovo quanto frammentato, dove la leva principale da sfruttare è proprio la marca. Un brand forte nel settore delle proteine animali riuscirebbe a diventare, con l’offerta giusta, altrettanto forte nel mondo della “carne del futuro”.

36 visualizzazioni0 commenti

Comments


bottom of page