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Immagine del redattoreFederico Poggio

Guida alle determinanti di valore dell’esperienza in pizzeria. È tempo di innovare?

Mercato saturo, prodotti che soddisfano i medesimi bisogni fisiologici, impossibilità di godere di economie di scala consistenti; questi e molti altri fattori sembrano ricondurre il settore ristorativo, pizzerie comprese, a quello che i più pratici giocatori di scacchi definirebbero “stallo”.

Per fortuna, diverse storie imprenditoriali insegnano, è esattamente in queste situazioni che l’ingresso di un’innovazione ravviva il gioco, rimescolando gli ormai arrugginiti equilibri dell’ecosistema competitivo.

In questo senso, lo studio qui presentato si propone di indagare dapprima le determinanti del valore all’interno dell’esperienza in pizzeria, osservando come vengano percepite dai diversi cluster di consumatori e, in secondo luogo, di analizzare le potenzialità economiche della pizza personalizzata; un prodotto che prevede la riproduzione di motivi e ritratti sulla pietanza, attraverso la lavorazione della mozzarella in superficie.

Tale proposta, seppur ad oggi ancora di nicchia, potrebbe diffondersi in virtù della sua capacità di fornire all’esperienza ristorativa tutti i crismi per soddisfare al meglio quei benefici psico-sociali sempre più ricercati all’interno della stessa.





Poiché non tutti gli individui vivono l’esperienza in pizzeria in maniera uguale, si è dapprima condotta una Cluster Analysis non gerarchica (algoritmo K-Means) sulle importanze associate dai 506 rispondenti al questionario ai principali attributi che compongono l’esperienza in pizzeria.

Dall’analisi, è stato possibile identificare tre differenti cluster di consumatori:


- CLUSTER 1 - I c.d. Disinteressati; individui scarsamente interessati all’esperienza in pizzeria, la cui alimentazione non è che mero soddisfacimento di un bisogno funzionale; la sopravvivenza.

- CLUSTER 2 - Gli Entusiasti; individui che ritengono ciascuna componente dell’offerta fondamentale, e che vedono in tale esperienza un modo per soddisfare anche i propri bisogni psico-sociali. In questo senso, rappresentano il cluster che integra con maggior frequenza le pratiche di food photo sharing nelle proprie abitudini di consumo.


- CLUSTER 3 - I Quality-Addicted; individui debolmente interessati a tutti gli attributi dell’esperienza, fuorché alla qualità degli ingredienti, ai quali attribuiscono un’importanza superiore persino rispetto al cluster degli “Entusiasti”; pur di consumare una pietanza di qualità sono disposti a sopportare costi più elevati.





Attraverso una Choice-Based Conjoint Analysis avente come oggetto d’analisi gli attributi ed i livelli d’attributo presentati in figura, è stato possibile calcolare le rispettive utilità ed importanze relative, nonché riconvertire tali misurazioni in termini monetari. Nello specifico, dato l’elevato tempo di attesa per la realizzazione di una pizza personalizzata (circa 2 ore), si è reso necessario osservare con quanta incidenza il “tempo d’attesa” determini valore (o meglio “disvalore”) all’interno dell’esperienza ristorativa.




I risultati, in prima battuta, hanno evidenziato come tutti i cluster presentino la medesima gerarchia tra d’importanze ed utilità ricavate. Nello specifico, il tipo di pizza risulta essere l’attributo di primaria importanza, seguito dal tempo d’attesa e, successivamente – quasi parimerito – da prezzo e location.





I livelli d’attributo in grado di massimizzare l’utilità sono invece la pizza curata nell’aspetto (seguita dalla pizza personalizzata), la location casual ed infine il prezzo ed il tempo d’attesa con i valori più bassi, rispettivamente 4€ e 15 minuti dall’ingresso in pizzeria.


In aggiunta, considerando il tempo d’attesa come linearmente correlato con l’utilità, è stato possibile convertire il disvalore derivante da un minuto d’attesa incrementale in pizzeria in termini monetari, evidenziando come per ogni 60 secondi di attesa in pizzeria un consumatore percepisce un disvalore monetariamente equiparabile a 0.45€.

Un’ulteriore considerazione che può emergere dall’analisi è relativa al prezzo; sembrerebbe infatti che sebbene il prezzo più basso sia generalmente l’opzione che ingenera maggior valore, essa non rappresenti l’opzione first choice di un consistente numero di individui.

In questi termini, è possibile ipotizzare (ed eventualmente approfondire con ulteriori studi) che il prezzo proietti anche in tale settore una garanzia sulla qualità del consumo. Individui “Quality-addicted” potrebbero pertanto scartare opzioni con un prezzo ridotto a favore di alternative più costose che comunicherebbero maggior qualità.


Nonostante la pizza personalizzata non risulta ad oggi un’innovazione in grado di prendere piede in Italia, è altresì vero che potrebbe essere una proposta imprenditoriale da tenere in considerazione per il futuro. Di fatti, nonostante presenti un elevato rischio d’investimento, potrebbe garantire altrettanto elevati ritorni economici nel caso in cui riuscisse ad affermarsi ed integrarsi con i crescenti trend di photo sharing dell’esperienza ristorativa.

In ogni caso, si evince che qualsiasi possibilità d’implementazione rimane sottesa alla capacità dell’imprenditore di ottimizzare il tempo di preparazione, rendendolo quanto meno pari a quello dei benchmark di mercato.

Nonostante in commercio siano già disponibili macchinari in grado di automatizzare tale preparazione, rimane oggetto di ulteriori approfondimenti, doverosi prima di un’ipotetica implementazione, la capacità di mutare il “sistema di convinzioni dei consumatori al fine di ridurre il Gap di Percezione relativo all’artificialità del prodotto.


In conclusione, se da un lato la Pizza personalizzata in Italia non risulta essere una value proposition associata ad un investimento a basso rischio, è altrettanto possibile affermare che qualsiasi imprenditore del settore può ottimizzare il valore della propria offerta implementando una serie di accortezze, ovvero:

- Evitare una competizione basata sul prezzo, poiché il valore risulta anelastico al prezzo ed un prezzo troppo basso proietta un immagine di “scarsa qualità” dell’offerta ristorativa

- Caratterizzare la propria location con elementi curati e casual, senza necessariamente ricercare distintività ed eleganza.

- Focalizzare gli sforzi imprenditoriali tanto sulla qualità del prodotto core, la pizza, quanto sul servizio, prestando particolare attenzione alle proprie performance in termini di “tempo d’attesa”, componente dell’offerta seconda per importanza.
















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