L'importanza e i benefici per la salute derivanti da un elevato consumo di alimenti di origine vegetale sono ben noti. Infatti, diversi studi hanno dimostrato la correlazione specifica tra l'assunzione di vegetali e la riduzione della presenza di molte malattie (per una review vedi Appleton et al., 2016). Nonostante tutti i benefici, negli ultimi decenni si è registrata una transizione dietetica globale con un aumento della dieta a base animale. Perché le persone preferiscono un prodotto a un altro? Perché non si consumano prodotti sani?
Tra le diverse variabili che possono interagire tra loro e influenzare delle scelte alimentari, l'attenzione può svolgere un ruolo cruciale in questi processi.
Gli stimoli alimentari sono particolarmente efficaci nel catturare l'attenzione e possono indurre un bias attenzionale, definito come "la tendenza di specifici tipi di stimoli (ad esempio, immagini e parole legate al cibo) a catturare e/o mantenere l'attenzione" (Field et al., 2016, p. 768). Secondo la teoria "incentive-sensitization", una maggiore attenzione agli stimoli alimentari può essere il risultato di ripetute associazioni tra la ricompensa derivante dall'assunzione di cibo e gli stimoli alimentari (Berridge, 2009). Questo suggerirebbe che i bias attenzionali possono contribuire a stabilire e mantenere i disturbi alimentari e altre forme di comportamenti appetitivi (Albery et al., 2020, Harrison et al., 2010, Schmitz et al., 2014). Tuttavia, la letteratura sulle popolazioni obese e, in generale, sui pazienti affetti da disturbi alimentari è contraddittoria: alcuni studi suggeriscono che i soggetti obesi e con disturbi alimentari riportano un maggiore bias attentivo nei confronti degli stimoli alimentari, mentre altri no, non differiscono se comparati ai partecipanti in peso forma (Hagan et al., 2020, Hardman et al., 2021, Johansson et al., 2005, Werthmann et al., 2015).
Inoltre, anche nei soggetti normopeso è stato riscontrato un bias attenzionale verso gli alimenti (sia appetibili che meno appetibili), che è stato associato alla motivazione edonica, ma anche a emozioni negative, come la preoccupazione (Werthmann et al., 2015, Hardman et al., 2021).
Considerando questi aspetti, un recente studio di Agovi et al. (2022), ha indagato il ruolo dei processi attenzionali su 120 giovani adulti (età compresa tra i 20 e i 24 anni; f= 74,2%), al fine di capire se esiste un bias attenzionale verso i cibi sani (come le verdure) e come questo possa influenzare la loro accettabilità.
Esistono diversi approcci metodologici per misurare i processi attenzionali, uno dei più noti e utilizzati è l'Emotional Stroop Task (Williams, Watts, Macleod, & Mathews, 1997), basato sul presupposto che la salienza emozionale degli stimoli presenti nell'ambiente possa influenzare i processi attenzionali: il bias attenzionale viene qui registrato come una difficoltà a distogliere l'attenzione dagli stimoli emozionalmente salienti.
Considerando questa premessa, nello studio di Agovi e colleghi è stata applicata una versione modificata del Emotional Stroop Task: gli stimoli target, quindi quelli con "salienza emotiva", sono stati rappresentati da verdure, rispetto a stimoli neutri (oggetti da ufficio).
È importante considerare che non tutte le verdure vengono rifiutate: ce ne sono alcune che sono meno accettate, in particolare quando sono caratterizzate da proprietà sensoriali critiche come l'amaro, mentre le verdure dolci tendono a essere più consumate. Per questo motivo, gli stimoli vegetali sono stati suddivisi in due categorie: appealing (con proprietà sensoriali positive, come la dolcezza) and non-appealing (con proprietà sensoriali negative, come l'amarezza e l'astringenza).
Ai partecipanti è stato chiesto di identificare il colore della parola (verdura o nomi di oggetti neutri) che appariva sullo schermo del computer premendo il tasto corrispondente sulla tastiera (si veda l'esempio nell'immagine sottostante).
Il test iniziava con una croce di fissazione al centro dello schermo (per 500 ms), che veniva presentata anche tra ogni stimolo. Ogni parola rimaneva visibile per 2000 ms; se il soggetto non rispondeva in tempo, la parola scompariva e non veniva registrata alcuna risposta. Le risposte attenzionali sono state misurate attraverso i tempi di reazione: tempi di reazione più lunghi (per le verdure o per gli oggetti dell'ufficio) esprimevano un bias attenzionale più elevato.
Inoltre, poiché la selezione delle verdure utilizzati come stimoli per misurare le risposte attenzionali è stata fatta a priori sulla base delle loro proprietà sensoriali, il gradimento è stato valutato utilizzando una scala di categorie a 9 punti ("non mi piace per niente" / "mi piace moltissimo") (Peryam & Pilgrim, 1957), per confermare il raggruppamento a priori. Inoltre, è stato utilizzato un questionario Check-all-That-Apply (CATA) per descrivere le proprietà sensoriali di ciascun prodotto alimentare.
I risultati di questo studio hanno mostrato che gli individui hanno riportato un bias attenzionale verso le verdure: i tempi di reazione ai vegetali sono stati significativamente più lunghi di quelli in risposta a oggetti neutri. Questi risultati sono coerenti con quelli di Nijs et al. (2010) e Castellanos et al. (2009), che hanno rilevato tempi di reazione più lunghi per gli stimoli alimentari rispetto agli stimoli neutri in soggetti normopeso e sovrappeso. In questo studio sono state utilizzate solo verdure come stimoli alimentari, mentre nei due studi sopra citati gli stimoli alimentari target erano rappresentati da prodotti alimentari ad alto contenuto calorico (ad esempio, dolci, pasta, kebab, cioccolato, gelato, ecc.) I risultati di questo studio supportano l'ipotesi che il cibo in sé, indipendentemente dal contenuto calorico, susciti un bias attenzionale maggiore rispetto agli stimoli non alimentari (neutri).
Nella figura sono riportati la media e l'errore standard dei tempi di reazione (RT) a stimoli neutri (barra bianca) e a stimoli vegetali (barra piena). A,B Le lettere diverse indicano una differenza significativa tra i gruppi (p < 0,05).
Gli autori hanno anche ipotizzato che le verdure caratterizzate da proprietà sensoriali innatamente sgradevoli come l'"amarezza" e l'"astringenza" possano possibilmente suscitare emozioni più negative, richiedendo quindi una maggiore attenzione nella loro elaborazione. L'ipotesi è stata corroborata dai dati, in quanto il bias attenzionale per le verdure non appetibili era significativamente maggiore di quello riscontrato per le verdure appetibili (prodotti più graditi). Ciò significa che quando la parola presentata indicava una verdura meno gradita, caratterizzata da un gusto meno "dolce" e "delicato" e più "amaro", i partecipanti impiegavano più tempo per identificare il colore della parola. Ciò indica che i vegetali caratterizzati da proprietà sensoriali unappealing determinano un bias attenzionale maggiore rispetto agli ortaggi connotati da sensazioni più appealing. La scoperta è stata supportata anche dalla forte correlazione inversa tra RT e punteggi di gradimento, che evidenzia ulteriormente come le proprietà sensoriali associate a sensazioni meno gradite, come "amaro", "astringente" e "pungente", fossero associate a un maggiore bias attenzionale rispetto a sensazioni più innatamente gradite (come "dolce"). Nella figura è riportata la regressione a componenti principali (PCR). Tempi di reazione dei soggetti (blu); coordinate del prodotto alimentare (verde) dei dati sui tempi di reazione (RT) (X) e frequenze di utilizzo dei descrittori sensoriali (rosso) dal test CATA (Y).
Ciò potrebbe riflettere il ritardo nel distogliere l'attenzione da quei vegetali connotati da sensazioni di allarme (Field and Cox, 2008, Pothos et al., 2009).
Infine, gli autori hanno concluso che i risultati del presente studio indicano, per la prima volta, che le proprietà sensoriali (e il gradimento) e non solo il contenuto calorico o la salubrità di un prodotto alimentare sono in grado di indurre un bias attenzionale. Ciò significa che specifiche proprietà sensoriali, innatamente avverse come l'amarezza e l'astringenza, possono agire come spunto ambientale legato alla preoccupazione e in grado di attirare l'attenzione.
Bibliografia
Albery, I. P., Michalska, M., Moss, A. C., & Spada, M. (2020). Selective attentional bias to food-related stimuli in healthy individuals with characteristics towards orthorexia nervosa. Eating and Weight Disorders, 25(5). https://doi.org/10.1007/s40519-019-00755-z
Appleton, K. M. K. M., Hemingway, A., Saulais, L., Dinnella, C., Monteleone, E., Depezay, L., Morizet, D., Armando Perez-Cueto, F. J. J., Bevan, A., & Hartwell, H. (2016). Increasing vegetable intakes: rationale and systematic review of published interventions. European Journal of Nutrition, 55(3). https://doi.org/10.1007/s00394-015-1130-8
Berridge, K. C. (2009). “Liking” and “wanting” food rewards: Brain substrates and roles in eating disorders. Physiology and Behavior, 97(5), 537–550. https://doi.org/10.1016/j.physbeh.2009.02.044
Castellanos, E. H., Charboneau, E., Dietrich, M. S., Park, S., Bradley, B. P., Mogg, K., & Cowan, R. L. (2009). Obese adults have visual attention bias for food cue images: Evidence for altered reward system function. International Journal of Obesity, 33(9) https://doi.org/10.1038/ijo.2009.138
Field, M., & Cox, W. M. (2008). Attentional bias in addictive behaviors: A review of its development, causes, and consequences. In Drug and Alcohol Dependence, 97(1-2). https://doi.org/10.1016/j.drugalcdep.2008.03.030
Field, M., Werthmann, J., Franken, I., Hofmann, W., Hogarth, L., & Roefs, A. (2016). The role of attentional bias in obesity and addiction. In Health psychology : official journal of the Division of Health Psychology, American Psychological Association 35(8). https://doi.org/10.1037/hea0000405
Hagan, K. E., Alasmar, A., Exum, A., Chinn, B., & Forbush, K. T. (2020). A systematic review and meta-analysis of attentional bias toward food in individuals with overweight and obesity. In Appetite, 151. https://doi.org/10.1016/j.appet.2020.104710
Hardman, C. A., Jones, A., Burton, S., Duckworth, J. J., McGale, L. S., Mead, B. R., Roberts, C. A., Field, M., & Werthmann, J. (2021). Food-related attentional bias and its associations with appetitive motivation and body weight: A systematic review and meta-analysis. In Appetite, 157. https://doi.org/10.1016/j.appet.2020.104986
Johansson, L., Ghaderi, A., & Andersson, G. (2005). Stroop interference for food- and body-related words: A meta-analysis. Eating Behaviors, 6(3). https://doi.org/10.1016/j.eatbeh.2004.11.001
Nijs, I. M. T., Franken, I. H. A., & Muris, P. (2010). Food-related Stroop interference in obese and normal-weight individuals: Behavioral and electrophysiological indices. Eating Behaviors, 11(4). https://doi.org/10.1016/j.eatbeh.2010.07.00
Peryam, D. R., & Pilgrim, F. J. (1957). Hedonic scale method of measuring food preferences. In Food Technology.
Pothos, E. M., Calitri, R., Tapper, K., Brunstrom, J. M., & Rogers, P. J. (2009). Comparing measures of cognitive bias relating to eating behaviour. Applied Cognitive Psychology, 23(7). https://doi.org/10.1002/acp.1506
Werthmann, J., Jansen, A., & Roefs, A. (2015). Worry or craving? A selective review of evidence for food-related attention biases in obese individuals, eating-disorder patients, restrained eaters and healthy samples. Proceedings of the Nutrition Society, 74(2). https://doi.org/10.1017/S0029665114001451
Williams, J., Watts, F., Macleod, C., & Mathews, A. (1997). Cognitive Psychology and Emotional Disorders Second Edition. In Wiley
Comments